Dagli studi sulle etichette nutrizionali risulta che mentre il Nutrinform può aiutare le scelte dei consumatori con particolari esigenze di salute, il Nutri-score potrebbe rappresentare una leva di marketing per l’export dei Dop. «L’Unione europea sta andando verso un sistema di etichettatura nutrizionale uniformato in tutti i paesi Ue, dunque capire le caratteristiche degli attuali sistemi in gioco, è particolarmente importante, sia per le imprese che per i consumatori» ha sottolineato Paolo Sckokai, Ordinario di Economia agroalimentare all’Università Cattolica del Sacro Cuore presentando il seminario “Etichettatura nutrizionale: sfide e opportunità per le aziende alimentari”. Un evento che ha riunito gli esperti presso l’Aula Magna del campus Unicatt di Cremona e tenutosi nell’ambito della Convenzione Agri-Food Lab tra l’Ateneo e alcune tra le principali istituzioni cremonesi.
Il NutrInform aiuta chi ha specifiche esigenze nutrizionali
Il confronto tra i due modelli di etichettatura nutrizionale più dibattuti del momento è stato al centro dell’intervento di Greta Castellini – psicologa dei consumi e della salute – che ha portato le evidenze emerse da uno studio condotto ad hoc dal Centro di ricerca EngageMinds HUB della Cattolica di Cremona cha ha analizzato l'efficacia di due diversi sistemi di etichettatura. L’obiettivo era comprendere quale, tra Nutri-Score e NutrInform Battery, fosse più efficace nel guidare le scelte alimentari di un consumatore con particolari e note esigenze nutrizionali, quali la necessità di controllare, attraverso l’alimentazione, la pressione sanguigna o i livelli di colesterolo. «Dai risultati è emerso che il NutrInform Battery si è rivelato più efficace rispetto al Nutri-Score nell’aiutare le persone a selezionare prodotti con un contenuto ridotto di sodio o grassi saturi – ha spiegato Castellini. I partecipanti hanno dimostrato una maggiore capacità di fare scelte coerenti con le loro esigenze dietetiche quando i prodotti erano etichettati con il NutrInform Battery rispetto a quando veniva utilizzato il Nutri-Score o quando erano senza etichetta».
Il Nutri-score può essere una leva di marketing per l’export
A Mirta Casati e Claudio Soregaroli – entrambi docenti della Smea, l’Alta scuola di management ed economia ago-alimentare dell’Università Cattolica, campus di Cremona – il compito di mostrare i risultati di una ricerca che, analizzando il comportamento dei consumatori italiani e olandesi, fa luce sull’impatto del Nutri-score sui prodotti a indicazione geografica, utilizzando il caso di un “formaggio duro”.
Uno degli aspetti più interessanti emersi è che, in Italia, la presenza di un “cattivo” Nutri-score non sembra incidere sulle intenzioni di acquisto, sia per i prodotti generici che per quelli DOP. Il consumatore italiano, abituato a determinati prodotti, tende dunque a non modificare le proprie abitudini in base alle informazioni nutrizionali.
Diversa è la situazione nei Paesi Bassi, dove il Nutriscore ha un impatto sulla percezione della salubrità dei prodotti. Quando un alimento riceve una valutazione negativa, i consumatori olandesi lo avvertono come meno sano e tendono a ridurre l’intenzione di acquisto. Tuttavia, quando è presente anche l’etichetta DOP, questa migliora la percezione della qualità e della salubrità, spingendo i consumatori a considerare più positivamente quello stesso prodotto a Nutri-score “negativo”. Insomma, la presenza del marchio DOP cambia la “sentenza” del Nutri-score. Ed è questo il punto evidenziato dal professor Soregaroli, perché – ha spiegato – un simile elemento positivo potrebbe diventare una leva di marketing sui mercati europei per i tanti prodotti DOP italiani.